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lunedì 17 gennaio 2011

Veronika decide di morire

Sottotitolo: è da 2 settimane che scrivo questa recensione...

Un libro regalato da un amico è una cosa molto particolare, soprattutto se è un regalo che cela un significato speciale per quella persona. "Veronika decide di morire" è uno di quei libri, e mi è stato regalato da un'amica per trasmettermi un messaggio, appunto. Forse ho colto molto più di quello che voleva farmi capire lei, vedendo molto di me nella protagonista... chi lo sa.
Veronika è una ragazza che dalla vita ha avuto tutto, o quasi. Essendo una bellissima ragazza le basta uscire di casa per trovarsi il compagno di una notte, ha un lavoro fisso che le permette di avere uno stipendio regolare, e due genitori che pur di non farla soffrire si costringono a non divorziare dimostrando tutto il loro amore all'unica figlia. Eppure... Veronika sente che manca qualcosa. Quel qualcosa è la voglia di vivere. E' così che finisce chiusa in camera sua, da sola, imbottita di pasticche. Vuole morire ed è più che decisa a lasciare questo mondo. Ma qualcosa va storto, forse qualcuno è entrato in camera e ha chiamato i soccorsi, e Veronika non muore. Si risveglia dopo una settimana di coma a Villette, il manicomio di Lubiana. E' incatenata al letto, con tubicini che le escono da ogni dove, e la prima cosa che vede sono due dottori che la stanno visitando. Il tentato suicidio non l'ha portata a morire, ma ben presto succederà ugualmente, dato che il suo cuore non ha retto alla forte dose di medicinali, e si fermerà presto.
Il Caso, il Fato, Dio... insomma chiamatelo come volete, ha deciso che questo libro mi fosse regalato poco prima della scomparsa di un amico. L'interruzione improvvisa di una vita, anche se dopo anni di malattia, mi ha aiutata a capire, finalmente in modo indelebile, che sono precaria. Potrei sbattere la testa inciampando da qualche parte e morire sul colpo, potrei uscire con le amiche e fare un frontale con un tir, potrei essere colpita da un fulmine e morire... Insomma, le opzioni sono così tante che davvero non vale la pena elencarle tutte. Certo la consapevolezza di essere mortale ce l'ho sempre avuta, ovviamente. Però non saprei, forse noi giovani ci sentiamo eterni comunque, rimandiamo tutto a domani o a fra 10 anni con la convinzione di poter fare qualsiasi cosa nel momento esatto in cui la vorremo fare. Così non è. Giusto questa è stata la mia nuova consapevolezza. Sarà una consapevolezza stupida, ma spero mi torni utile tutte le volte in cui penserò di rimandare qualcosa di importante, o quando penserò di non fare una cosa che invece vorrei fare solo perchè "no dai, questo non si fa". Bisogna essere più pazzi, ecco.
E allora, tornando a parlare del libro, ho imparato la lezione: "
La consapevolezza della morte ci incoraggia a vivere".
Voto: 20/20. Bel libro, la storia è interessante e la protagonista un personaggio complessato al punto giusto (cioè non fino a far complessare il lettore stesso), e la scrittura è scorrevolissima. Lo consiglio a tutti!
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martedì 11 gennaio 2011

Gli Ultimi Eroi

Che dire... Degna conclusione, questo è certo, e non solo diella trilogia, ma in generale. Sì perchè un libro così lo volevo leggere fin dai tempi di Nihal, quando rimasi un po' delusa dalla fine di quella trilogia. O dal destino riservato a Dubhe, che non mi è mai sembrato adatto a lei. Questa volta invece, un finale così non me l'aspettavo, lo ammetto. Ma cominciamo dall'inizio. 
Adhara, in seguito al combattimento con Amhal, viene catapultata nelle Terre Ignote dove raggiunge il nascondiglio degli elfi ribelli a Kryss, guidati da Shyra, una temibile guerriera alla ricerca della gemella Lhyr, potente sacerdotessa rapita e imprigionata da Kryss. Solo dopo averla ritrovata e liberata, Adhara può attraversare il portale che la riporterà nel Mondo Emerso.
Nel frattempo il medaglione attorno al collo di Amhal comincia pian piano ad impossessarsi anche della sua carne, oltre che alla sua mente. Come Adhara, era stato portato nelle Terre Ignote dalle quali riesce però ad andarsene in fretta, ma non prima che il medaglione cominci a perdere potere, lasciando così che il dubbio e il rimorso si insinuino di nuovo in lui.
Al ritorno di Amhal nel Mondo Emerso, Kryss può finalmente usare la sua arma più potente e piegare così la Terra del Vento alla sua volontà, facendo tremare di terrore i sopravvissuti. Non sono poche le peripezie che nel frattempo deve affrontare Adhara, e un lungo percorso la porta a impossessarsi del Pugnale di Phenor, l'unica arma che può permetterle di strappare il medaglione dal petto di Amhal per farlo tornare come era il giorno in cui si sono conosciuti. L'occasione le si presenta poco tempo dopo a Nuova Enawar, durante un attacco guidato da Kryss col solo scopo di distruggere la città.
Grazie all'aiuto di Shyra, giunta nel Mondo Emerso col solo scopo di aiutare Adhara, riesce a scontrarsi da sola contro l'uomo che ama, dando vita a un duello sofferto, ma inevitabile. 
Non vado oltre, perchè finirei col rivelare troppo. 
La scrittura è più che scorrevole, come al solito, i personaggi intensi, complicati, tormentati, perseguitati dalle tenebre di un destino che non vogliono accettare ma che non smette mai di rincorrerli. L'atmosfera cupa rende tutto più carico d'ansia, ad ogni pagina si respira la morte che invade tutto e tutti, e la storia d'amore impossibile non ha una conclusione banale. Bellissima davvero anche la copertina, e questo non potevo non dirlo.
Insomma, giusto per tornare ai miei vecchi metodi di votazione, questo libro si merita un bel 19/20 perchè non è perfetto... ma non merita nemmeno un voto inferiore a questo.


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martedì 4 gennaio 2011

Perchè scrivere

Proprio oggi, su La Repubblica è uscito questo articolo. Una manciata di autori hanno cercato di spiegare perchè scrivono. La diversità tra una risposta e l'altra è molto ampia, alcuni rispondono con un piccolo discorso altri con una frase secca. Quando la stessa domanda mi è stata fatta (ma da un'altra scrittrice mia amica) ho risposto così:
"Mi è piaciuta molto una risposta di non mi ricordo quale scrittore, che si avvicina molto alla mia. E cioè "per vivere le vite altrui". E anche perchè scrivendo riesco a vedere davanti a me, letteralmente, quello che immagino, e posso diventare chiunque, senza infrangere nessuna legge o senza nessun divieto morale.
E' una libertà. E' anche un modo per esorcizzare le immagini che mi frullano nel cervello... gli incubi che faccio... Insomma, è complicato. Anche se ho smesso di "scrivere attivamente", continuo comunque a prendere appunti, a costruire trame, a pensare a come fare per affrontare generi diversi... E' come costruire un muro mattone dopo mattone contro cui battere ripetutamente la testa per poterlo demolire per poter passare al muro successivo."
 

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Violite Acuta
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